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L'immagine viene dal cielo: non ne discende, ma ne procede, ha un'essenza celeste e contiene in sé il cielo. Ogni immagine ha il suo cielo, anche quando esso è rappresentato fuori dell'immagine o quando non è rappresentato affatto: gli dà la sua luce, ma la luce di un'immagine viene dall'immagine stessa. L'immagine è quindi il suo proprio cielo, il cielo distaccato per se stesso, che viene con uitta la sua forza a riempire l'orizzonte, ma anche a levarlo, a sollevarlo, a bucarlo, a portarlo alla potenza infinita.

Lo sguardo si impregna di colore, l'orecchio si impregna di sonorità. Nella mente non c'è niente che non sia nei sensi: nell'idea non c'è niente che non sia nell'immagine. Io divento il blu del ritratto di Olga, io divento la dissonanza di un accordo, un passo di danza. "Io": non è più questione di io. Cogito diventa imago. *** Ogni cosa, nella distanza in cui la sua convenienza si allontana per poter convenire a sé, abbandona il suo statuto di cosa diventando un'intimità. Cessa così di essere manovrabile.

La violenza ha la sua verità, così come la verità ha la sua violenza. Ora la verità è anch'essa, per essenza, manifestazione di sé. La verità non può soltanto "essere" e in un certo senso essa non è affatto: il suo essere è tutto nella sua manifestazione. La verità si mostra o si dimostra (e in ogni dimostrazione, anche in una dimostrazione logica, non possono non esserci ostensione e "dimostrazione di forza")6. Violenza e verità hanno in comune l'atto autodimostrativo, e il cuore di quest'atto, così come la sua realizzazione, sono nell'immagine.