Epistolario (1893-1904) by Anton Cechov

By Anton Cechov

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Agli ultimi piani sono più bassi, i gradini. Eccomi. Il ballatoio. Giro. Le porte sono aperte. Incontro qualcuno ma ho il fiatone e non ce la faccio a chiedere nulla. E poi cosa vuoi chiedere ora. La mia porta. È aperta. Dio quanta polvere. Corridoio. Quale porta scelgo. Quale. Dove vi cerco. Dritto. Apro. Il cielo. È di nuovo estate. Le punte delle mie scarpe guardano le macerie in basso. E sopra, il tetto non esiste più. Il palazzo, spezzato in due. La mamma è giù. Con le ciabatte ai piedi. Stesa sui calcinacci con una patina di polvere che sembra finta come le statue del cimitero.

Dio quanta polvere. Corridoio. Quale porta scelgo. Quale. Dove vi cerco. Dritto. Apro. Il cielo. È di nuovo estate. Le punte delle mie scarpe guardano le macerie in basso. E sopra, il tetto non esiste più. Il palazzo, spezzato in due. La mamma è giù. Con le ciabatte ai piedi. Stesa sui calcinacci con una patina di polvere che sembra finta come le statue del cimitero. Ha sangue scuro sulle orecchie. Mi guardo la punta delle scarpe. Forse mi tuffo anche io in questa bocca che continua a bruciare.

Voglio tornare a casa, pensa. Stàc. Sotto il peso della neve un ramo di ciliegio non resiste si spezza e cade. Sotto il peso della neve il ramo del salice si piega, la neve scivola, il ramo rialza la testa ed è ancora lì, verde. La prima regola è che resistere è inutile. Non so se questa leggenda sia vera, dice Gioele, di certo è curioso notare come il salice di Shirobei Akiyama sembri un po’ l’albero di mele di Isaac Newton e l’albero di mele del Paradiso Terrestre, in ogni caso questo è il mito fondativo del jujitsu.

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